L’enorme stanza assume forme differenti al ritmo dell’andirivieni dei suoi ospiti. Vive un battito corale, è in balìa di una perenne, inesausta metamorfosi. Basta avvicinarsi alle pareti per essere inseguiti da scie di luce che si addensano in un punto e lo riempiono; quando si muovono le braccia, agitando una gigantesca leva invisibile, la musica si alza e si riabbassa. Le ombre s’ingigantiscono, poi tornano a farsi piccole; le sagome bidimensionali hanno la profondità di un soffio vitale.Quella che abbiamo di fronte è un’opera d’arte collettiva, anzi generativa per essere precisi. È un parto plurale, partecipato. È l’intrigo di uno spazio condiviso ma che diventa di ciascuno, esclusivo e personale. Un equilibrio ben bilanciato di magia e tecnologia, di favola e avanguardia.È l’esperimento realizzato a Milano all’Areapergolesi, luogo che molto più di altri interpreta, alla lettera, il concetto di ambiente immersivo. È stata la sede di «Feel the ...
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